From Alexandre |
Il 29 settembre 2006, alle 15.04, è nato Alexandre Yannick Filippo Maria!!!
pesava 3,455 kg per 52cm e a quasi un mese pesa ben 4,270kg per 56cm! pare che il latte della madre sia ottimo!
BENVENUTO TRA DI NOI!!!!!From Alexandre
Blog ad uso esclusivo per la mia famiglia ed i miei amici. Chiunque altro è pregato di astenersi a commentare... grazie!
Il seguente testo invece l'ha scritto mio papà Claudio:
Quest'anno il primo agosto è stato speciale, perché, prima con Flaviana, poi con Selvaggia, ci siamo immedesimati nel fatto che cento anni fa era nata a Napoli, in Mergellina, la nostra indimenticabile mamma (mammà) e nonna (Oma) per i nipoti: Bianca. Cento anni sono molti, racchiudono tante storie, più generazioni, i ricordi propri e quelli tramandati. Il primo agosto poi non lo dimentico mai: è anche il compleanno di Valentina (1970) figlia di Paolo e di Simona;il due è il compleanno di Manfredo (Dodò), il quattordici il mio.....Un mese pieno e denso, o, come amo pensare, il mese assoluto dell'anno, quello atteso e sognato per tutto l'uggioso inverno, promesso dalla primavera. Più mesta è la ricorrenza del trenta maggio, quando ormai quindici anni fa nostra madre se ne è volata in cielo; e vi ha ritrovato papà, Opa Egidio e Oma Welly, i nonni italiani e quelli olandesi; la nonnina, come la chiamava, quella Teresa Barbieri che aveva sposato il nonno paterno Carlo Colonna, sopravvivendogli poi a lungo. Quando da bambini passavamo lunghissime vacanze estive -e oltre- a villa Gallotti, in Posillipo, mammà ci faceva sentire tutto l'orgoglio che provava per la sua città, per il popolino vivace e rumoroso, per i bassi affollati delle viuzze nel quartiere spagnolo, le paste di Caflish, le scarpe per bambini che solo a Napoli erano quelle giuste, i taralli pepati, le sue amiche di sempre: Silvia Coop, Bianca Fontana, Emmuccia Berlingieri, Ada e Maria Peirce, la sfortunata Solange che poi si innamorò al punto da morirne tragicamente; e tutta la teoria dei vari Caracciolo, Pignatelli, gli innumerevoli parenti Colonna, le tante zie, gli amatissimi cugini Landolfo (Fufù), Anna (Lellè), Maria Vittoria (Trottola) e Pickì il cui vero nome non ricordo fosse stato mai pronunciato: si, perchè ogni persona deve avere un nome anagrafico, è la legge, ma soprattutto un nome corrente, possibilmente breve e tronco: Bianca si è sempre chiamata Bebé, sua sorella Maria Teresa, Mité. Così Napoli è sempre rimasta al centro dei sogni e del mondo di mammà: lei ci faceva capire subito se parlava al telefono con un'amica napoletana dall'inconfondibile accento che le riemergeva. Napoli poi nei suoi pensieri era una vera capitale europea, altro che... e la frase rimaneva tronca per rispetto alla città adottata; una capitale cosmopolita, prediletta da inglesi e francesi, all'avanguardia in tutto: dallo storico Ospedale degli Incurabili, la prima istituzione del genere in Europa (beh, diciamo in Italia), la linea metropolitana che allora si chiamava semplicemente Circumvesuviana, con partenza da Mergellina, a Piedigrotta: anch'essa una novità assoluta; la pasticceria svizzera di Caflish famosa anche per la cioccolata in pezzi spugnosi e rugosi, come una scorza d'albero e che chiaramente non si sarebbero trovati in alcun'altra città. Ma a Napoli c'erano anche altri vantaggi: l'esercente di qualsiasi negozio e bottega, vedendola entrare, si sarebbe precipitato a servire una vera signora, trascurando nel mormorio generale tutte le altre avventrici. E che dire delle funicolari, dalla Floridiana al centro, per non citare quella celeberrima del Vesuvio, funiculì, funiculà. Ma più affascinante di ogni altra realtà, a Napoli è il paesaggio, i dintorni, e lo spettacolo che essi offrono: indimenticabili le gite alle fumarole degli Astroni, le vendemmie a Soccavo, con inevitabili mal di pancia, la lava nerissima a Torre del Greco, i pellegrini alla Madonna di Pompei - anzi di Bombei, come si chiama a Napoli forse compiaciuti di disorientare i non iniziati - i bagni a Sorrento, il blù di Capri e poi giù giù fino alle vertigini di Furore: meno amata sull'altro versante, troppo affollata Ischia, passi per Procida, anche per i castelli dove aveva risieduto Vittoria Colonna "marchesana" di Pescara d'Avalos; poco apprezzata Pozzuoli, buone le spiagge di Trentaremi e Siniscola. I Capresi invece, che al pari dei Napoletani sentono di essere nella vera capitale del golfo, si identificano ancor'oggi con una sopravvivente Magnagrecia: molti anni fa, giungendovi da Roma, ed avendo appreso con rammarico in viaggio di un improvviso sciopero dei benzinai che avrebbe vanificato la programmata circumnavigazione in gommone, al nostro stupore per aver trovato il distributore aperto allo sbarco della funicolare, con condiscendenza l'esercente spiegò: "ma no, signurì, chillo lo sciopero è in Italia". Tutto ciò per mammà era scontato; stentava invece a ritrovarsi a Roma, dove tutto si faceva per dovere, tutto era scontato ed ovvio, il tram seguiva il suo binario; non invece a Napoli, dove nel fortunoso quarantaquattro, doveva essere di settembre, potei fare un appagante bagno di mare a Bagnoli, sulla spiaggia dove poi sarebbe sorto il torvo stabilimento siderurgico, in mutande, col tranviere che dal Vomero alto aveva proposto il diversivo a me ed all'unico altro passeggero, azionando poi con decisione lo scambio manuale.
A Roma però, ad onor del vero, mammà apprezzava altre cose, ad esempio i tesori medievali di Trastevere, il quartiere ai cui margini abitavamo, vicinissimi al ponte Sisto. A Santa Cecilia, una volta l'anno, nella ricorrenza della Beata Margherita Colonna fondatrice di certe Suore che fin da allora ebbero in custodia il convento di quella Basilica, i discendenti della sua famiglia avevano il diritto, infrangendo una piccola porzione di clausura, di visitare gli affreschi del Cavallini, contemporaneo della Beata. Oggi si paga invece un biglietto ed in qualsiasi giorno si può salire nel coro in ascensore scortati da un bambino pachistano. Chi sarà stato quel benedetto Cardinale Acquaviva (napoletano!?) che nel frenetico ammodernamento barocco ha costruito quel coro nella controfacciata, dotato di tanto di organo, tagliando in due il Cristo in trionfo, contornato da grandiosi santi ed angeli alati? E la nostra parrocchia, Santa Maria in Trastevere, con il bel mosaico nell'abside - di nuovo Cavallini - la fons olei, il pavimento sontuoso cosmatesco: la parrocchia dove abbiamo dato l'ultimo saluto a papà e ventitrè anni dopo a mammà. I ricordi, si sa, sono intrisi di malinconie, non se ne può fare a meno ma mammà non era un tipo malinconico, anzi; era allegra, piena di iniziative, attivissima; manteneva inoltre rapporti con tutti, anche attraverso una fitta corrispondenza con quanti, amici e parenti, erano lontani; riceveva volentieri visite e le ricambiava con piacere. Si sobbarcava anche alle riunioni di dovere, dalle zie acquisite a quelle naturali: fra queste ultime, la zia Matilde: un personaggio da belle époque, che, da quando in età più che matura aveva sposato lo zio Fabio Colonna, il primogenito, si faceva chiamare eccellenza dalla servitù ed aveva completamente dimenticato il proprio cognome ebraico di nascita, Morpurgo; ricordava invece di essere stata estremamente ricca e forse lo era ancora dopo la guerra; non potevamo dimenticare che in quei tragici frangenti la zia si trovava nella propria villa di Brugnera, in Veneto, requisita per la maggior parte da un comando tedesco: quando quei militari avevano la "impudenza" di fucilare sul piazzale della villa quanti malcapitati ebrei erano riusciti ad acciuffare, "un po' più in là, per favore" li invitava! Questa nostra prozia parlava correntemente tutte le lingue, ma usava nei rapporti con i parenti e gli amici solo il francese, per farsi capire meglio, diceva; quando era verso i novant'anni, ci raccontò che da giovane, a Trieste dove aveva sempre vissuto con la sua famiglia di banchieri, giunse una volta un facoltoso principe russo, col proprio treno, direttamente in stazione, dove parcheggiò, e di dove andava al mare, con tutta la servitù: i signori entravano in mare non visti, dalle cabine su palafitte, la servitù, ovviamente gente senza importanza (c'era ancora la schiavitù?), tutti nudi sulla spiaggia. La zia Matilde morì vecchissima quando io avevo trent'anni e mi lasciò, in suo ricordo, quanto sufficiente perchè mi comprassi da un amico il mio primo paio di ski in legno hickory, senza gli attacchi, beninteso: e gliene sono ancora grato.
Oltre le corrispondenze, le visite, le telefonate, erano molteplici gli interessi di mammà: anzitutto i suoi figli, il marito; per tutti tagliava, cuciva, lavorava a maglia; a noi, da piccoli, insegnò a leggere e scrivere, virtù quest’ultima nella quale lei stessa si cimentava volentieri, lasciandoci così memorie di viaggi, di soggiorni, pensieri, notazioni.
A questo punto anch'io voglio scrivere un po' di ricordi...
come riunirsi da Oma i mercoledí pomeriggio con un po' di cugini, Toia con le sue lunghe trecce rosse che sempre gliele tiravamo (e che appena ha avuto la possibilità di decidere le ha tagliate), Lello che è il più vicino a me, che mi chiamava "cicciona" e io gli dicevo "nano", a volte sua sorella piccola Fiamma e la sua inseparabile Valentina, di un anno di più.
Con Oma non si festeggiava il Natale, quello era specifico di ogni nucleo familiare, mentre con lei e i cugini e gli zii si festeggiava sempre la Befana, dopo aver fatto noi nipoti il Presepio.
Oma non era la tipica nonna che sbavava dietro ai nipotini, tutt'altro, aveva il suo buon carattere! ma era molto simpatica e in gamba. Noi facevamo marachelle e lei si divertiva direi... quella che mi ricorderò sempre l'abbiamo fatta con Lello: in cucina aveva una scala di legno che saliva verso una soffitta e sui cui gradini lasciava le scarpe. In quell'occasione stavamo mangiando una fetta di pane con la marmellata, (spesso da lei era l'amatissimo pane burro e alici) e non so a chi di noi due cugini, probabilmente a me, cadde il pane in una scarpa... non sapendo cosa fare, e per paura a un castigo, abbiamo fatto finta di niente! e giorni dopo lei ci raccontò (senza rimprovero, non so neanche se pensasse che fossimo stati noi) che passeggiando per la città dovette togliersi la scarpa a una fontanella, perché sentiva qualcosa di appiccicoso, e ci trovó della marmellata! e noi a fare gli gnorri....
Altro ricordo ben marcato, ma molto più tragico, fú quando cadde in casa e si ruppe il femore, c'eravamo solo Lello ed io... non provammo ad alzarla, non mi ricordo cosa facemmo, probabilmente seguimmo le sue istruzioni e chiamammo i nostri genitori. Lí si che ci spaventammo!
Spesso da Oma c'era una delle sue vecchie amiche di sempre, allora ci si metteva in salotto a fare i bambini per bene e a chiacchierare con loro... mi ricordo che una di loro ebbe una tragica fine nell'aereo che cadde a Punta Raisi... ne era veramente consternata.
E poi c'erano le estati da noi a Porto Santo Stefano, che lei amava moltissimo, spesso anche con l'altra mia nonna Lita (con cui non ci fu mai un'enorme amicizia), ai tempi in cui non c'era la strada per arrivare a casa e si doveva scendere per il sentierino, ma lei sempre felice, finché poteva, di venire. E scendeva pure al mare a fare il bagno! cosa che molta gente più giovane non faceva e non fa, per paura agli scogli. Poi gli ultimi anni non veniva perché era troppo dura la discesa, forse anche dopo la rottura del femore, non so. E papà fece finalmente costruire una strada per raggiungere la casa dalla Panoramica, cosí venne di nuovo. Non mi ricordo che anno fu, solo che non fu molto prima che se ne andasse...
Mi piaceva moltissimo vedere le sue foto da giovane, e sempre restavo incredula della nostra enorme somiglianza, che tutti risaltavano. A parte il suo naso un po' più amplio, era veramente incredibile! In più io ero la prima nipotina Macioti, quindi forse è una mia illusione, ma ero speciale, cosí come lei sempre è stata speciale per me.
Mi ricordo che i suoi figli le fecero il bagno nuovo, che aveva i capelli lungissimi che portava a chignon, e che si spazzolava in camera sua seduta davanti ad un enorme specchio, che fumava una sigaretta al giorno (a mio grande stupore, di questo mi resi conto dopo anni!).
E poi mille altre cose, la sua sorellina "piccola" (17 anni meno!), gridona e simpaticissima Mité (guai a chiamarla Maria Teresa!), recentemente andata a raggiungerla, che fumava come una turca e che mi invitava a Venezia, le uscite in bus in cui la gente maleducata non si alzava per farla sedere cosa che mi mandava in bestia, le passeggiate a vicolo del Cinque e nei dintorni a Trastevere, a comprare pane ed altre piccole cose, e dove la chiamavano Donna Bianca... insomma non si può racchiudere in poche righe il ricordo di 25 anni!