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22 dicembre 2009
10 dicembre 2009

au revoir à Francesco
voilà une photo magnifique de checco dans sa cabane, sa plage: c'est beau de savoir que ad haiti et Rome samedi au même moment il y aura un moment de recueillement, un abbraccio priscilla
Francesco nous a laissé.
On sera autour de lui pour lui dire au revoir une dernière fois (surement pas la dernière!) ce samedi 12 décembre à partir de 9h00, au Salon Ange Bleu (Rue José Marti Turgeau).
Apres ses cendres partiront pour rejoindre ses amis et sa famille en Italie.
Dal blog del suo sito ufficiale, Francesco Totti ricorda la figura di Francesco Fantoli, il giornalista romano ucciso il lo scorso 7 dicembre ad Haiti: “Ieri ho ricevuto una triste notizia, probabilmente ne sono al corrente moltissimi fra voi...Domenica ad Haiti, a seguito di un tentativo di rapina, il giornalista romano Francesco Fantoli è stato ucciso. Francesco era una bravissima persona, un appassionato di calcio e tifosissimo della Roma. Vestiva sempre la mia maglia quando commentava le partite di campionato per una televisione locale e spesso la portava anche quando girava per la città. Vederlo durante il servizio del telegiornale nei momenti in cui indossava il dieci giallorosso mi ha toccato profondamente…ora lui non c’è più”.
“Voglio abbracciare intensamente la sua famiglia in questo momento di dolore. Vi sono vicino. ... Ciao Francesco...".
09 dicembre 2009
by Haiti Press Network
Posted: Dec 8, 2009 15:29 UTC
PORT AU PRINCE (HPN) - Le décès soudain de Francesco Fantoli crée la consternation parmi ceux qui l’ont connu, de quelle catégorie sociale qu’ils soient. HPN salue le départ d’un collaborateur, d’un professionnel, d’un être sympathique.
“Oh mon Dieu, on a tué le Blanc !”, s’exclame les deux mains sur la tête Elie, un petit détaillant tenant son commerce devant les locaux de Haiti Press Network, en apprenant la mort brutale de Francesco Fantoli. “Et vous l’avez bien connu?”, s’empresse-t-on de lui demander”. “Ah, répond-il, c’était quelqu’un de sympathique. Il nous ramenait toujours quelque chose au retour de ses voyages”.
A HPN, ce matin, c’était la consternation. Chacun se rappelait quelque chose de cet Italien arrivé ici il y a plus de dix ans et qui avait fait d’Haiti sa seconde patrie. L’on se racontait une anecdote, une histoire à laquelle on tentait de se raccrocher pour conserver le souvenir de ce proche collaborateur.
« On avait tellement de projets de reportage à finir ensemble », se désole ce journaliste en concluant, philosophe: « nous mourrons tous, c’est la seule vérité ».
D’anciens employés de HPN sont passés au bureau ce matin pour dire leur peine et manifester leur solidarité. Un autre confrère qui fait des études au Canada et qui a beaucoup travaille avec Checco (l’autre surnom de Fantoli) a fondu en larmes lorsqu’il a appris la nouvelle.
Pour beaucoup d’entre nous, il n’était pas le Blanc, ni l’étranger, mais le collaborateur, l’ami qui venait raconter ses aventures après un périple dans les villes de province, car ce passionné d’aventures aimait visiter l’intérieur du pays.
Il s’extasiait toujours devant les beautés d’Haiti et ne pouvait pas résister à l’envie de se plonger dans une mer d’un bleu turquoise, et se baignait comme si c’était la première fois qu’il voyait l’océan.
La dernière aventure qu’il a racontée à HPN avec son créole à l’accent particulier lui était arrivée à Jérémie. Là-bas, il s’était fait voler son portefeuille et ses vêtements qu’il avait laissés sur la grève pour aller se baigner dans la mer caribéenne. Ce qui avait provoqué l’hilarité générale.
A son grand soulagement, il a retrouvé ses affaires quelques heures après. Il avait parlé de miracle. Il croyait dans les miracles, comme dans celui d’une autre Haiti, de cette Haiti dont il rêvait comme nous tous.
Franscesco Fantoli était d’un professionnalisme achevé. Quand il avait le sentiment qu’un travail était mal fait, ou peu satisfaisant, il pouvait rebrousser chemin sur des dizaines de kilomètres pour aller le refaire, comme cette fois à Port-à-Piment où il effectuait des reportages pour le compte de l’Union Européenne.
L’on se souvient aussi du Francesco des grands jours lorsque l’AS Roma jouait. Il s’amenait alors à HPN revêtu du maillot de son équipe préférée pour regarder le match. Pendant quatre vingt dix minutes, on se retrouvait dans un stade en Italie en compagnie de ce véritable Tifozi qui, lui, utilisait des expressions bien haïtiennes pour montrer sa joie ou pour encourager les joueurs de son équipe comme si ces derniers pouvaient l’entendre à des milliers de kilomètres de distance.
On se rappelle de ces fameux « Mon cheeeeerrrr », « Hé, hé », et bien d’autres haitianismes qui, loin d’être ridicules, prenaient une autre couleur dans la bouche de Fanto et qui faisaient sourire le natif-natal.
Le disparu avait aussi l’habitude de commenter des matchs de football sur la Télévision nationale d’Haïti et sur Tele Ginen.
En apprenant la terrible nouvelle, plus d’un ont été profondément choqués et la question qu’on se pose est pourquoi. Pourquoi une telle barbarie ? Pourquoi Francesco ?
Puissions-nous un jour avoir la réponse, mais en attendant, nous nous courbons bien bas devant la dépouille de cet Italien bien de chez nous, nous pleurons la disparition de cet être humain. Adieu Fanto !
Jonel Juste/ Christian Desrameaux Jr
JJ/CJD/HPN
08 dicembre 2009
Francesco Fantoli amico e collaboratore della prima ora di PeaceReporter
è stato ucciso a Haiti, Paese in cui viveva da molti anni.
Checco, come lo chiamavamo noi amici, era uscito da una banca di Delmas, quartiere di Port au Prince, capitale di Haiti, quando due uomini a bordo di una motocicletta lo hanno avvicinato e gli hanno intimato di consegnare il denaro che aveva appena prelevato. Checco si sarebbe rifiutato di consegnare il denaro e i malviventi gli avrebbero sparato. Le sue condizioni sono apparse subito critiche ai medici dell'ospedale di Medici senza Frontiere, dove è stato trasportato immediatamente dopo l'agguato. Fantoli nella notte fra sabato e domenica è morto. A Haiti è stata aperta un'indagine.
In Haiti Fantoli era molto noto. Le sue telecronache
sportive erano seguite da un pubblico numeroso. Non solo. Checco
era un documentarista appassionato, curioso, amante
del dettaglio. Parlava molte lingue segno indelebile
dei mille paesi visitati e in qualche modo amati. Fantoli
era un vero amante di Haiti che più volte ha dichiarato di
considerare come sua vera patria. E aveva accettato di buon
grado di collaborare con PeaceReporter, il progetto lo
entusiasmava. I mille impegni degli ultimi tempi lo avevano
un po' allontanato dalle corrispondenze per la nostra testata
ma inevitabilmente veniva disturbato in ogni modo dai nostri
redattori per avere notizie fresche sull'isola o su paesi limitrofi.
È anche grazie a
Francesco Fantoli
che PeaceReporter
ha potuto
documentare
dettagliatamente
le vicende
haitiane. Le sue
cronache
"dal campo" sono
state di grandissimo
aiuto per noi e anche
per alcune testate cartacee italiane.
Fantoli amava molto Port au Prince: i suoi colori, i sapori, la gente. E proprio
con gli haitiani che Checco aveva un gran rapporto. Era amato. Lo
riconoscevano per strada, lo salutavano. Con loro lavorava. Per Haiti
Press Network e Image Production. Questa sua familiarità, quel suo modo
di confrontarsi sempre alla pari con tutti gli consentiva di addentrarsi
nei meandri delle bidonville in piena sicurezza. Sembrava quasi fosse
protetto. Dei suoi concittadini diceva: "Sono fantastici".
Francesco Fantoli era come si dice in una redazione "il mio contatto su Haiti".
In più Checco era un amico. Difficilmente mi dimenticherò di lui
e dei bellissimi momenti passati insieme a Port au Prince, città
che romanticamente chiamava "Porto Principe". Ma anche a Jacmel,
nella zona sud del Paese dove aveva costruito una splendida casetta.
L'aveva chiamata Villino Fantoli e ne andava orgoglioso. Anche grazie
a lui ho imparato a amare molto Haiti. Mi faceva ridere quando mi
rispondeva al telefono. "Uè il milanese" diceva prendendomi in giro.
Lui era romano e nonostante i tanti anni trascorsi lontano dalla città
eterna, l'accento non l'aveva perso. E giocava molto su questo fatto.
La cosa più bella che ricordo è stato il primo incontro con Francesco.
Io uscivo dall'aeroporto internazionale di Port au Prince e decine di
taxisti abusivi in cerca di pochi spiccioli facevano a gara saltandomi
addosso per trasportarmi ovunque io volessi. In lontananza vedevo un uomo,
sigaretta accesa fra le dita, che sorrideva e si avvicinava a noi. Quattro
urla ben assestate, un braccio intorno al mio collo per portarmi via dal
gruppo di taxisti e una frase: "Ciao, Alessandro benvenuto a Haiti". Poi
una risata a far da contorno al tutto. Per lui quella ressa che
inevitabilmente mi aveva un po' intimorito, era solo una rappresentazione
dell'essere pienamente haitiano. Me l'ha spiegato qualche giorno dopo in
auto, mentre ci dirigevamo verso Jacmel.
Ricordo le raccomandazioni, puntualmente mai seguite (ripensandoci
adesso in modo scellerato): "Non uscire la sera da solo. E se puoi
nemmeno di giorno!" Io però dovevo uscire. Dovevo fare ciò per cui
ero stato inviato a Haiti. Documentare la situazione drammatica
dell'isola. Andare in giro per la città a osservare di tutto e se
possibile di più. Checco molte volte mi ha accompagnato. Alcune
volte ha fatto da mediatore per risolvere situazioni complesse. Mi
ha aiutato vedere a Haiti e i mali che la affliggevano e la
affliggono tuttora. E questo a lui non piaceva.
In una sola circostanza ce la siamo vista brutta. Una mattina intorno
alle sette in auto ci siamo diretti verso la bidonville di Citè Soleil,
uno degli angoli del mondo dimenticati da Dio. Siamo entrati in auto
e dopo poche decine di metri una folla composta da uomini, donne e
decine di ragazzi ha impedito alla nostra auto di proseguire. Volevano
tutti farsi salutare dal "famoso telecronista televisivo". Questo non
ha impedito a un gruppetto di ragazzotti armati di seguire tutta la scena,
farci visitare la bidonville in tutta calma e senza rischi, farci
fotografare ogni angolo di quel posto infernale, e poi senza timori
venire a chiederci dei soldi come lasciapassare per farci uscire
indisturbati dalla baraccopoli. Non hanno usato mezzi termini e
senza problemi ci hanno fatto vedere delle grandi armi luccicanti
e quali sarebbero potute essere le conseguenze se non avessimo
pagato. Siamo usciti da quella situazione lasciando nelle mani
dei ragazzotti pochi dollari Usa. Soprattutto, però, siamo usciti
grazie al carisma di Checco che ha iniziato a toccare tasti come
il calcio e il rap e altre cose che piacciono ai ragazzi di tutto
il mondo. Se fossimo rimasti fermi in auto ancora una decina di
minuti probabilmente ci avrebbero lasciato andare gratis. Con belle
parole gentili Checco li aveva ammorbiditi, interessati, forse anche
imbarazzati. Checco non aveva paura di andare in giro per Haiti.
O se l'aveva non lo faceva vedere.
Alessandro Grandi
Last Modified: Sunday, December 6, 2009 at 8:16 p.m.